Felici & Conflenti

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Felici & Conflenti si occupa di ricercare e trasmettere la cultura coreutica e musicale della Calabria tirrenica centrale. L’associazione organizza eventi residenziali in cui appassionati e ammiratori delle tradizioni musicali Calabresi incontrano musicisti e danzatori di tradizione. Le attività dell’associazione culminano nel grande evento estivo che si svolge ogni anno nell’ultima settimana di luglio. Felici & Conflenti supporta ed implementa principi di turismo culturale responsabile attraverso il coinvolgimento degli abitanti della zona e di agricoltura biologica a conduzione familiare. Focalizzato sulla convivialità e la trasmissione orale, il progetto è rigenerato e trasformato costantemente secondo i bisogni della comunità.

Il territorio del Reventino è caratterizzato da una cultura musicale omogenea, nel repertorio e negli strumenti: storicamente, braccianti e pastori scendevano in piazza con organetti e zampogne in occasione di feste religiose e secolari.
Conflenti, grazie all’importante pellegrinaggio della Madonna di Visora, si è caratterizzato come centro di diffusione della musica per l’area: l’evento religioso infatti attraeva tutta la comunità del  raggio di 20/30 km e, in quell’occasione, i musicisti suonavano insieme scambiandosi saperi e repertori.
A seguito del boom economico degli anni ’60 però, oltre al forte spopolamento che ha interessato l’area, si è assistito a un graduale rifiuto della cultura popolare che ha portato all’allontanamento di intere generazioni dalle tradizioni musicali tipiche dell’area.

L’associazione Felici & Conflenti, che nasce da un’idea di Alessio Bressi e Antonella Stranges e oggi conta 52 soci, mira la riscoperta e alla valorizzazione della cultura musicale e coreutica dell’area del Reventino promuovendo attività di ricerca, condivisione dei saperi e creando occasioni di incontro con e tra il territorio.

Dal 2014, organizza ogni anno una grande festa di comunità con seminari, workshop e attività di turismo esperienziale. Questa iniziativa è momento di incontro tra danzatori, musicisti, ricercatori provenienti da tutta Europa con gli abitanti e i portatori della tradizione locale, nel contesto di un sistema di trasmissione orizzontale dei saperi in cui oralità e condivisione hanno un ruolo fondamentale.

Grazie al lavoro dell’associazione si sta assistendo a un cambio di percezione e ad un graduale riavvicinamento alla cultura tradizionale locale, soprattutto da parte di giovani abitanti, che porta alla ritessitura di legami intergenerazionali per la trasmissione di saperi e ad una rinnovata partecipazione musicale spontanea ad eventi e feste.
Felici & Conflenti sta inoltre sviluppando nuovi progetti di rete con diverse realtà presenti nell’area per valorizzare ulteriormente le tradizioni locali e contribuire allo sviluppo economico e sociale dell’intero Reventino.

Conflenti (CZ)
Associazione Felici&Conflenti
www.felicieconflenti.it

Borgata Paraloup

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Paraloup sede della prima banda partigiana Italia Libera con Duccio Galimberti, Dante Livio Bianco, Nuto Revelli e Giorgio Bocca nel settembre del 1943 ci parla di memoria ma anche di futuro: di nuove forme di economia sostenibile, di neocomunità in fieri intorno all’Associazione fondiaria di recente istituzione.

 

Nel 2006 la Fondazione Nuto Revelli decide di riportare in vita la celebre borgata di  Paraloup (filmata nei  documentari di P. Gobetti (figlio di Piero), Prime bande e di Emanno Olmi e Corrado Stajano, Nascita di una formazione partigiana) acquisendo le baite dagli abitanti in gran parte emigrati in Francia. L’intento è stato di salvare un simbolo della storia della lotta di Liberazione ma anche di ridare vita a un luogo in patente abbandono come era (ed è ) in gran parte la montagna alpina non turistica in senso stretto. Si contano infatti più di 90 antichi abitati abbandonati solo tra i Comuni più vicini (Rittana appunto e Valloriate). Le forme stesse degli edifici recuperati  circa due anni dopo col progetto, pluripremiato, di Paraloup (ad opera degli architetti D. Regis, V. Cottino, D. Castellino, G. Barberis) nel loro mix tra ciò che rimane in piedi del passato (le pietre cadenti delle antiche baite che si raccolgono alle fondamenta) e i materiali del presente (i grandi scatoloni in legno sovrapposti alle rovine) si prestano a “porre in comunicazione” mondi diversi: il tempo breve dei 20 mesi della Resistenza e la lunga durata dell’antica cultura della montagna.  Il recupero di Paraloup ha permesso di poter contare su una grande biblioteca per incontri  ed eventi, di un bar e ristorante, con cuoca e host  residenti (con un direttore esecutivo) di circa 20 posti letto disponibili, di un teatro all’aperto (uno dei primi esperimenti di teatro in quota) e di un importante museo interattivo digitale Il museo dei racconti. Le stagioni di Paraloup con schermo a parete e touch screen. Oltre che del Laboratorio Archivio della memoria delle donne intono a cui si è creato una Community di donne impegnate in progetti  di ritorno o studiose di antropologia alpina.  Paraloup tuttavia non è solo un Centro culturale (lo si può definire un Microsistema culturale e agricolo integrato) perché ospita l’attività di un pastore con il gregge di capre e un caseificio: parte integrante dell’Associazione fondiaria Valli Libere che si è creata negli anni. A Paraloup si tiene, ad anni alterni, nell’ambito dell’istituzione Asfo la Scuola dei giovani agricoltori di montagna (in collaborazione con la Rete del ritorno) sotto la guida  dei docenti dell’Università di Agraria di Torino ( e che prevede stage nelle aziende agricole del Piemonte).

Borgata Paraloup (Cn) – Alpi Marittime 1350 m
frazione del Comune di Rittana, provincia di Cuneo (Valle Stura)

Fondazione Nuto Revelli e Rifugio Paraloup Srl Impresa sociale

www.nutorevelli.org
https.//paraloup.it

La sfida dei luoghi ai margini

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E’ proprio dai luoghi che ci pare provengano oggi segnali di vita, spezzoni di racconto, nuove e vecchie forme di Resistenze: i luoghi, spesso sfidati, abbandonati (come le borgate in rovina della montagna cuneese o i paesi della Calabria di cui ci occuperemo), i centri sfigurati dal sisma ma anche dalle ricostruzioni che la loro memoria spesso tradiscono (l’Aquila, l’Irpinia) minacciati (Val di Susa).

“oggi sono quei luoghi a sfidare noi”

I luoghi dunque: abbiamo capito che non ci sono indifferenti. Sono anzi occasioni per ripensare la nostra vita collettiva. Sono in fondo il banco di prova della politica del futuro, per il futuro come il Referendum ha mostrato. I luoghi sono i nostri “beni comuni, come l’acqua, l’ambiente da cui dipendono.
Oggi sono quei luoghi a sfidare noi: e lo fanno, non tanto dal cuore della storia d’Italia facendoci riconsiderare lo spazio geografico stesso da una nuova prospettiva. Quella rovesciata a partire dai margini (oggetto del dibattito che apre i nostri incontri). Dai margini (che siano la montagna spopolata del cuneese, della Valtellina o i paesi abbandonati della Calabria) perché quando il centro, il cuore dello sviluppo è investito dalle macerie, “lavora al contrario”, produce bolle e non risorse, lascia sul campo fabbriche in disuso (abbandonate) è importante cambiare il punto di osservazione, come quando si sbatte davanti a un muro. Cambiare direzione dello sguardo quando in macerie non sono solo gli edifici ma i sistemi di pensiero, le utopie che non funzionano più (la crescita illimitata, i soli sempre splendenti dell’avvenire).

Macerie mute, rovine ci parlano ancora. Ecco che invece, paradossalmente, se cambiano sguardo e parole per dirlo, le aree marginali, “leggere delle rovine”, fuori dal boato di ciò che implode, offrono oggi nuove occasioni. Spazi “di resistenza”.
Ecco che cosa è oggi la Resistenza, le resistenze: un modo diverso di vedere il mondo. E’ questo forse che le pietre, tenaci, persistenti, dei luoghi abbandonati ci mostrano. E’ questo che dell’esperienza del primo Festival del ritorno ai luoghi dell’abbandono (tenutosi a Paralup, nelle alpi cuneesi) vogliamo condividere.
Ecco dove sta il nucleo profondo del cambiamento: rioccupare i nostri luoghi di idee diverse ripensando i luoghi , di parole rovesciate sull’abitare e il lavorare, sulla montagna, sul nord e sul sud. Sulla memoria (che è un’operazione fortemente declinata al presente, una battaglia per consentire ancora alla memoria della Resistenza una presenza nello spazio pubblico). Ma anche sul senso di parole non unilaterali come comunità (ce lo spiegheranno gli amici dell’Irpinia) di identità (perché chi torna, anche con la mente, vede i luoghi con un occhio diverso, sguardi costruiti

Antonella Tarpino e Vito Teti